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Idroelettrico: Dove la turbina Pelton fallisce, ci pensa la turbina ad azione di tipo M
di Emanuele Quaranta17-05-2017
Energia Idroelettrica - In Italia l'idroelettrico riveste un ruolo di primaria importanza nella produzione di energia da fonte rinnovabile, ricoprendo circa il 15% del fabbisogno nazionale (Terna, 2012).
Tuttavia, i siti in cui installare grandi impianti idroelettrici sono sostanzialmente esauriti in Italia, ed anche in Europa. Inoltre, i grandi impianti idroelettrici richiedono tempi di investimento e risorse notevoli. E’ quindi in rapido sviluppo il micro idroelettrico, ossia quel settore costituito da impianti idroelettrici con potenze installate al di sotto dei 100 kW. Il micro idroelettrico risulta essere interessante anche per la produzione decentralizzata di energia, e distribuita omogeneamente sul territorio. Di recente introduzione nel campo del micro idroelettrico è la turbina di tipo M (brevetto italiano), che sarà oggetto di questo articolo. Un impianto micro idroelettrico è tendenzialmente progettato per utilizzare al massimo portate di qualche metro cubo al secondo, e salti (differenza tra il livello dell’acqua a monte e a valle dell’impianto) di pochi metri, tipicamente inferiori a 5 m come ordine di grandezza. Portate e salti maggiori potrebbero portare a potenze disponibili maggiori di 100 kW; in questo caso non si parla più di micro impianti, ma di mini (Per approfondire clicca qui
Turbine a reazione, ad azione e l’innovativa turbina M - In un impianto idroelettrico, l’elemento principale è la turbina utilizzata per convertire l’energia dell’acqua in energia meccanica; grazie all’accoppiamento con un generatore è possibile poi trasformare l’energia meccanica rotante della turbina in energia elettrica. Nell’ambito del micro idroelettrico, esistono diverse turbine che possono essere utilizzate, distinguibili in turbine ad azione e a reazione. Le turbine a reazione sfruttano sia l’energia cinetica che la pressione del getto d’acqua, e sono installate all’interno di condotte in pressione, come le turbine Kaplan. Le turbine a reazione, tuttavia, richiedono onerose opere di ingegneria civile, e controlli elettromeccanici per mantenere un’efficienza elevata al variare della portata, come il controllo dell’inclinazione delle pale e della velocità di rotazione. Le turbine a gravità (ad esempio le ruote idrauliche), sfruttano principalmente il peso dell’acqua, e possono dunque essere considerate una sottocategoria delle turbine a reazione. Le ruote idrauliche rappresentano una valida tecnologia nel campo del micro idroelettrico, con efficienze considerevoli al variare della portata. Le turbine ad azione sfruttano invece l’energia cinetica dell’acqua; questo significa che o sono installate in acqua fluente (turbine idrocinetiche) o tutto il salto viene convertito in un getto d’acqua ad elevata energia cinetica, e proiettato contro le palette della turbina. La turbina ad azione più utilizzata è la turbina Pelton; tuttavia, per salti di pochi metri, come quelli riscontrabili nel micro idroelettrico, la turbina Pelton richiederebbe portate molto ridotte per essere efficiente/conveniente (pochi litri o decine di litri al secondo), e quindi le potenze prodotte sarebbero esigue. Lo stesso ragionamento vale per le turbine Turgo. Considerati quindi gli svantaggi delle turbine ad azione esistenti (necessità di bassissime portate per salti di pochi metri), si è arrivati all’invenzione della turbina M, dal cognome del suo inventore (brevetto n° 0000282352). La turbina M è una turbina ad azione di tipo assiale. Questo significa che sfrutta anch’essa l’energia cinetica dell’acqua, e che la direzione del flusso d’acqua è parallela all’asse di rotazione della turbina. Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato efficienze idrauliche comprese tra 85% e 90% per un salto di 2.4 m e portate comprese tra 25% al 100% della portata massima di progetto pari a 2.00 m3/s (diametro 2.50 m, numero pale ottimale 44).
La turbina M: come funziona - Un impianto con turbina M è costituito da una vasca in cui si instaura un certo livello d’acqua, che identifica il salto sfruttato dalla turbina. Sul fondo della vasca vi è un orifizio circolare nel quale viene inserita la turbina, con asse di rotazione verticale (Fig.1). Fig.1. a) A sinistra, è possibile osservare il livello d’acqua a monte e a valle della centrale (2.5 m circa). b) A destra, la turbina all’interno della vasca (vuota) è visibile Alla periferia della turbina sono installate le palette della turbina stessa, verso le quali viene diretto il flusso d’acqua (Fig.2). Il flusso d’acqua, prima di entrare nella turbina, passa per un distributore, ossia una serie di palette fisse, non rotanti, che hanno il compito di indirizzare il getto d’acqua in modo ottimale verso le pale della turbina rotante. Il flusso d’acqua ovviamente non transita attraverso tutto l’orifizio circolare, ma solamente attraverso la corona circolare che comprende le pale; la circonferenza esterna di tale corona circolare è il bordo della turbina. Questa corona circolare è costituita da una serie di elementi di chiusura che permettono di parzializzare la turbina, ossia regolare l’area di passaggio dell’acqua attraverso la corona circolare. Quando la portata si riduce, allora solamente una porzione di questa corona circolare sarà aperta, e quindi solamente una parte della turbina sarà investita dal flusso. Man mano che la portata aumenta, l’area di passaggio verrà incrementata. Questo consente di sfruttare un ampio spettro di portate, mantenendo la velocità di ingresso dell’acqua sostanzialmente constante; da questo ne deriva quindi che anche la velocità di rotazione della turbina potrà rimanere costante, senza dover quindi agire né sull’inclinazione delle pale, né sulla velocità di rotazione della turbina (Fig.2). Fig.2. La turbina M vista dall’alto. Si notano le palette all’interno della corona circolare. Come si può osservare è possibile regolare l’area di passaggio dell’acqua attraverso la turbina. La parte superiore della turbina M è quindi in contatto con la vasca d’acqua superiore (per mezzo del distributore che consente di direzionare l’acqua verso le pale della turbina in maniera ottimale), mentre la parte inferiore è in contatto con la superficie libera dell’acqua a valle. Quando il livello di valle si alza o si abbassa, un sistema di sollevamento solleva o abbassa la turbina in modo da adattare la sua posizione al livello di valle (Fig.1b, tubo verticale). In questo modo si evita che la turbina operi immersa nell’acqua di valle o sospesa, e si riducono le perdite di energia. Quindi questo sistema consente alla turbina di non necessitare di un tubo diffusore a valle della stessa, che la renderebbe una turbina a reazione e non più ad azione. Concludendo, la presente turbina risulta una valida alternativa alle classiche turbine ad azione di tipo Pelton in siti con salti al di sotto di 10 m, non necessitando di portate eccessivamente ridotte per operare alla massima efficienza. Tale turbina risulta conveniente fino a portate di 3 m3/s. Articolo a cura dell'Ing. Emanuele Quaranta, DIATI - Hydraulics (Politecnico di Torino).
Orizzontenergia
Turbine a reazione, ad azione e l’innovativa turbina M - In un impianto idroelettrico, l’elemento principale è la turbina utilizzata per convertire l’energia dell’acqua in energia meccanica; grazie all’accoppiamento con un generatore è possibile poi trasformare l’energia meccanica rotante della turbina in energia elettrica. Nell’ambito del micro idroelettrico, esistono diverse turbine che possono essere utilizzate, distinguibili in turbine ad azione e a reazione. Le turbine a reazione sfruttano sia l’energia cinetica che la pressione del getto d’acqua, e sono installate all’interno di condotte in pressione, come le turbine Kaplan. Le turbine a reazione, tuttavia, richiedono onerose opere di ingegneria civile, e controlli elettromeccanici per mantenere un’efficienza elevata al variare della portata, come il controllo dell’inclinazione delle pale e della velocità di rotazione. Le turbine a gravità (ad esempio le ruote idrauliche), sfruttano principalmente il peso dell’acqua, e possono dunque essere considerate una sottocategoria delle turbine a reazione. Le ruote idrauliche rappresentano una valida tecnologia nel campo del micro idroelettrico, con efficienze considerevoli al variare della portata. Le turbine ad azione sfruttano invece l’energia cinetica dell’acqua; questo significa che o sono installate in acqua fluente (turbine idrocinetiche) o tutto il salto viene convertito in un getto d’acqua ad elevata energia cinetica, e proiettato contro le palette della turbina. La turbina ad azione più utilizzata è la turbina Pelton; tuttavia, per salti di pochi metri, come quelli riscontrabili nel micro idroelettrico, la turbina Pelton richiederebbe portate molto ridotte per essere efficiente/conveniente (pochi litri o decine di litri al secondo), e quindi le potenze prodotte sarebbero esigue. Lo stesso ragionamento vale per le turbine Turgo. Considerati quindi gli svantaggi delle turbine ad azione esistenti (necessità di bassissime portate per salti di pochi metri), si è arrivati all’invenzione della turbina M, dal cognome del suo inventore (brevetto n° 0000282352). La turbina M è una turbina ad azione di tipo assiale. Questo significa che sfrutta anch’essa l’energia cinetica dell’acqua, e che la direzione del flusso d’acqua è parallela all’asse di rotazione della turbina. Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato efficienze idrauliche comprese tra 85% e 90% per un salto di 2.4 m e portate comprese tra 25% al 100% della portata massima di progetto pari a 2.00 m3/s (diametro 2.50 m, numero pale ottimale 44).
La turbina M: come funziona - Un impianto con turbina M è costituito da una vasca in cui si instaura un certo livello d’acqua, che identifica il salto sfruttato dalla turbina. Sul fondo della vasca vi è un orifizio circolare nel quale viene inserita la turbina, con asse di rotazione verticale (Fig.1). Fig.1. a) A sinistra, è possibile osservare il livello d’acqua a monte e a valle della centrale (2.5 m circa). b) A destra, la turbina all’interno della vasca (vuota) è visibile Alla periferia della turbina sono installate le palette della turbina stessa, verso le quali viene diretto il flusso d’acqua (Fig.2). Il flusso d’acqua, prima di entrare nella turbina, passa per un distributore, ossia una serie di palette fisse, non rotanti, che hanno il compito di indirizzare il getto d’acqua in modo ottimale verso le pale della turbina rotante. Il flusso d’acqua ovviamente non transita attraverso tutto l’orifizio circolare, ma solamente attraverso la corona circolare che comprende le pale; la circonferenza esterna di tale corona circolare è il bordo della turbina. Questa corona circolare è costituita da una serie di elementi di chiusura che permettono di parzializzare la turbina, ossia regolare l’area di passaggio dell’acqua attraverso la corona circolare. Quando la portata si riduce, allora solamente una porzione di questa corona circolare sarà aperta, e quindi solamente una parte della turbina sarà investita dal flusso. Man mano che la portata aumenta, l’area di passaggio verrà incrementata. Questo consente di sfruttare un ampio spettro di portate, mantenendo la velocità di ingresso dell’acqua sostanzialmente constante; da questo ne deriva quindi che anche la velocità di rotazione della turbina potrà rimanere costante, senza dover quindi agire né sull’inclinazione delle pale, né sulla velocità di rotazione della turbina (Fig.2). Fig.2. La turbina M vista dall’alto. Si notano le palette all’interno della corona circolare. Come si può osservare è possibile regolare l’area di passaggio dell’acqua attraverso la turbina. La parte superiore della turbina M è quindi in contatto con la vasca d’acqua superiore (per mezzo del distributore che consente di direzionare l’acqua verso le pale della turbina in maniera ottimale), mentre la parte inferiore è in contatto con la superficie libera dell’acqua a valle. Quando il livello di valle si alza o si abbassa, un sistema di sollevamento solleva o abbassa la turbina in modo da adattare la sua posizione al livello di valle (Fig.1b, tubo verticale). In questo modo si evita che la turbina operi immersa nell’acqua di valle o sospesa, e si riducono le perdite di energia. Quindi questo sistema consente alla turbina di non necessitare di un tubo diffusore a valle della stessa, che la renderebbe una turbina a reazione e non più ad azione. Concludendo, la presente turbina risulta una valida alternativa alle classiche turbine ad azione di tipo Pelton in siti con salti al di sotto di 10 m, non necessitando di portate eccessivamente ridotte per operare alla massima efficienza. Tale turbina risulta conveniente fino a portate di 3 m3/s. Articolo a cura dell'Ing. Emanuele Quaranta, DIATI - Hydraulics (Politecnico di Torino).
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